Rephaim: I caduti ancestrali
- Hekatean J.
- 19 lug 2018
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 13 feb 2020

di Hekatean J.
Si parla spesso dei cosiddetti giganti biblici, dei Nephilim, frutto dell’unione tra angeli e umani, ma raramente ci si sofferma su delle figure altrettanto interessanti, sia dal punto di vista mitologico che linguistico: i Rephaim, spiriti ancestrali un tempo umani e caduti in battaglia, per onore e valorosa dignità.
Le informazioni che abbiamo oggi riguardo ai Rephaim provengono da testi ugaritici (Ugarit, città perduta e antica in Siria). Testi che furono scoperti nei primi decenni del 900.
Una lingua conosciuta solo in forma scritta la cui diffusione si attesta intorno al XIV ed il XII secolo a.C.
Tali documenti furono di estrema importanza per gli studiosi dell’Antico Testamento, grazie alla quale riuscirono a chiarire alcuni passaggi biblici alquanto oscuri. Non di meno, la scoperta di questa lingua risulta essere la più grande scoperta letteraria dell’antichità a partire dalla decifrazione dei geroglifici egizi o le tavolette mesopotamiche con scrittura cuineiforme.
Appartengono a questa tradizione letteraria testi importantissimi come l’epica di Baal, punto centrale dell’antica religione cananaica.
L’ugaritico era una lingua semitica, scritta anch’essa in caratteri cuneiformi adattati all’uso alfabetico (sillabico, per la precisione).
Dall’alfabeto ugaritico derivano la maggior parte degli alfabeti moderni, greco, latino, ebraico, cirillico e arabo).
Si può già capira l’estrema importanza di questa lingua arcaica nel processo culturale evolutivo delle tradizioni e culture future.
Il Ciclo di Baal (Il mito di Baal-Aliyan e La Morte di Baal) meriterà un articolo a parte.
Questa volta ci concentreremo sui Rephaim, partendo dall’analisi della parola.
La radice semitica RP significa “guarire”.
Da notare che la stessa radice sta alla base del nome dell’arcangelo RAPHAEL, il guaritore supremo ed il cui nome, linguisticamente e semanticamente parlando significa “È Dio colui che guarisce”, “Dio guarisce”, “Signore, guarisci (noi)”, espletando la funzione di tramite, di intercessore.
Si tenga conto di questa parola “intercessore” perchè sarà una parola chiave.
Il potere della guarigione veniva anticamente attribuito agli spiriti dei defunti. Ancora oggi, laddove non si supplichi l’aiuto di un Santo ci si appella ad un vecchio parente, genitore, amico, spesso. Così come anche il serpente. Ci si dimentica molto spesso che, oltre alla sapienza, è simbolo di guarigione. Il bastone di Asclepio (dio greco della salute) constisteva in un serpente attorcigliato intorno ad una verga, simboleggiando le arti sanitarie. Il serpente col suo cambiamento di pelle simboleggia infatti rinascita e fertilità.
Il termine Rephaim si riferisce agli spiriti dei morti ancestrali, guerrieri caduti in battaglia, abitanti antidiluviani di Canaan. Per essere più precisi sono spiriti degli antichi deificati, che annualmente si riaffacciano per un tempo più o meno breve.
I Rephaim vivono nel mondo dei morti, tra Dei e Umani ed hanno il potere di “intercedere” contro i demoni della malattia (si ricordi la radica semitica RP).
L’intercessione come gia’ detto e’ una parola chiave, specialmente se la si relaziona alla funzione cristiane dei Santi (e/o Beati). Va da se rilevare quanto la funzione dei Santi trovi nella figura dei Rephaim l’esatta caratteristica e abilità guaritrice e di intercessione tra l’uomo ed il divino. Altra comparazione interessante è da fare con gli Annunaki mesopotamici.
Ancora prima di passare per i testi biblici questo concetto era ampiamente presente nelle credenze cananaiche.
Nei testi Ugaritici vi è il distinto gruppo dei RP’UM, abitanti del mondo dei morti, considerate le “ombre divine” dei morti.
Il concetto sinistro odierno di ombra mal di sposa con la concezione di “ombra” di questo contesto, in cui assume peculiarità salvifiche e guaritrici.
RP’UM è un titolo concesso a Re, eroi, guerrieri. Vi sono poi i RP’IM QDMYN, i morti primordiali, spiriti ancestrali, che secondo quanto scritto nei testi Ugaritici venivano invocati per protezione.
Gli spiriti valorisi degli antichi Re morti venivano, secondo le tradizioni, invocati attravesso l’invocazione dei loro nomi seguita da sacrifici.
Gran parte delle culture occidentali odierne relaga il culto dei morti alla stagione invernale, a concetti di freddo, buio. Non era così anticamente laddove gli spiriti ancestrali erano alla corte del Sole (ŠAPŠU, dea Ugaritica) in grado di viaggiare all’interno dell’oscurità del mondo dei morti.
Baal era considerato il leader dei Rephaim, dio della guarigione (RPU-B’L) tra l’altro.
Le offerte che anticamente venivano associate ai Rephaim erano mele, olive, ambrosia.
I Rephaim intercedono in tempi di crisi, di malattia ed anche per conferire protezione durante battaglie.
Nel processo di demonizzazione e cancellamento degli antichi culti e tradizioni di cui Isaia nel Vecchio Testamento è la rappresentazione massima, non si descrive il dono guaritore dei Rephaim in base alla radice RP, ma il tutto assume una piega opposta in considerazione della radice RPH, denotanto la “debolezza” degli stessi Rephaim, che a detta di Isaia non risorgeranno e saranno relegati in eterno nel mondo delle ombre.
Il libro di Isaia dell’Antico Testamento è un documento di grande importanza politica sul quale torneremo spesso. Rappresenta il germe e la causa del processo di cambiamento della concezione di Re, di dominio, di sistemi celestiali e l’innalzamento di Yahweh come dio tribale e tirannico a spesa di culti e tradizioni antiche già pre-esistenti.

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