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Ereshkigal, Regina del mondo dei morti.

  • Immagine del redattore: Hekatean J.
    Hekatean J.
  • 17 mag 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 13 feb 2020

di Hekatean J.

L’antichissima Epopea di Gilgamesh, risalente al 2600/2500 a.C. di origine Sumera e Babilonese (nella versione più conosciuta) offre diversi spunti di riflessione interessanti.

La maggior parte degli studiosi e archeologi si trova d’accordo nel considerare tale poema, scritto in caratteri cuneiformi su tavolette d’argilla ritrovate nel 1853 dall’archeologo assiro Hormuzd Rassam, il reperto più antico di tutti.

Una voce fuori dal coro fu quella dell’assirologo tedesco Herman Hilprecht che scoprì a Nippur una tavoletta (CBM 13532) che risulterebbe essere più antica di Gilgamesh e la cui decifrazione fu completata nel 1909.

Ci soffermeremo piuttosto sull’epopea di Gilgamesh.

Qui vi ritroviamo il tema del diluvio universale e la figura di Utnapishtim al quale il Dio Enki confida le intenzioni degli Déi di voler distruggere l’umanità. A Utnapishtim verrà chiesto di costruire una grande imbarcazione.

Ovviamente è chiaro come la sua figura equivalga a quella di Noé, ripresa successivamente nella Genesi.

Ancora più curioso il fatto che in seguito, dopo il diluvio e nel corso dell’eternità, Utnapishtim assumerà caratteristiche acherontiche, guidando una barca che viaggia per le acque della morte.

Accompagnerà Gilgamesh alla ricerca dell’amato compagno di battaglia e defunto Enkidu nell’aldilà.

Gilgamesh sperimenterà la paura della morte, avendo per la prima volta in vita sua vissuto un lutto.

Gilgamesh è anche l’impotenza dell’uomo dinanzi alla morte e tutte le paure collegate ad essa che andranno a determinare tabù e credenze religiose e popolari nel corso dei millenni.

Ishtar/Inanna in questo poema viene descritta come la Dea dell’amore e della guerra. Ma non solo.

É interessante notare come certe sue peculiarità facciano pensare, per certi versi, a Lilith.

“Ishtar chiamò a se la sua gente, ragazze che cantavano e danzavano, le prostitute del tempio e le cortigiane”.

Si innamora di Gilgamesh al quale dice : “Divieni il mio sposo, dammi il tuo seme ed io diverrò tua sposa”.

Ma Gilgamesh non cede alle sue lusinghe rinfacciandole il modo in cui ha trattato e distrutto i suoi ex amanti.

Ishtar è sensuale, vendicativa, spietata, divoratrice dell’amore e del sesso.

Non a caso tra i suoi appellativi risulta anche il “donatrice di semi”.

Come una mantide religiosa, divora i suoi amanti.

Si vendicherà mandando, dietro concessione del concilio divino, il Toro celeste per distruggere Gilgamesh ed Enkidu. Ma la bestia avrà la peggio.

Altra figura interessante è Ereshkigal di cui poco si parla.

Ereshkigal è la regina e dea di Irkalla, l’oltretomba, il mondo dei morti.

Spesso assume il nome dello stesso luogo, per cui in alcuni testi il suo nome risulta semplicemente Irkalla.

Irkalla, la terra del non ritorno.

Nel Gilgamesh, l’oltretomba viene descritto come “il luogo (la casa n.d.r.) in cui ci si siede nell’oscurità, cibandosi di polvere e fango” 

L’anima del defunto, priva di giungervi, dovrà attraversare 7 cancelli. Il bagliore della luce va via via affievolendosi fin quando si sprofonda nell’oscurità più fitta e dolorosa.

Secondo le credenze e tradizioni mesopotamiche Ereshkigal è l’unica divinità a regnare nel suo mondo.

A lei fu dedicato un tempio a Kutha, in Iraq.

In un altro antico testo mesopotamico, “La discesa di Inanna”, Ereshkigal è descritta come la sorella anziana di Inanna/Ishtar.

Anche nel caso di Ereshkigal possiamo trovare analogie con un’altra divinità, la greca Hecate.

Cambiano i nomi e gli appellativi da cultura a cultura, da zone geografiche opposte e lontane tra loro, ma ciò che conta è la funzione (e l’archetipo) che rappresentano.


Letture consigliate :

Gilgamesh

 
 
 

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